Molto spesso sento dire che cogliere l’attimo giusto è la ricetta magica per fare ottime fotografie.
Questa cosa non mi ha mai convinto perché per me significa semplicemente essere osservatori di ciò che accade e scattare a raffica tanto prima poi una foto giusta la becchiamo. Il che è quasi come affidarsi al caso.
Sicuramente è un metodo che porta i suoi frutti, non voglio metterlo in discussione, ma credo sia proprio il principio di fondo che è sbagliato. O meglio, sarebbe giusto se limitassimo il lavoro di un fotografo a quello di un documentarista, di colui che guarda e riporta esattamente ciò che accade, a colui che affida la sua opera al pulsante di scatto.
Tutto ciò esclude il far accadere qualcosa, il prendere decisioni e l’essere la mente del proprio lavoro, esclude quasi l’essere umano inteso come essere pensante, progettante ed esecutore.
Quello che invece è secondo me il vero nocciolo della questione è il rapporto tra fotografo e soggetto, che si tratti di persone o di oggetti non fa differenze, è l’entrarci in rapporto che conta, la sintonia o i contrasti, l’essere a proprio agio o il disagio, sensazioni positive o negative ma comunque rilevanti e rivelanti perché nelle nostre foto portiamo ciò che viviamo.
Il creare un rapporto, spesso di durata brevissima, giusto il tempo di qualche scatto, è il punto sul quale ruota la riuscita delle foto al punto che una volta entrati in sintonia non ci sono momenti migliori di altri o attimi magici. Il tutto funzionerà senza ombra di dubbio.
Come ogni attività svolta dall’essere umano dovrebbe essere proprio l’umanità della cosa a fare da padrona buttando via le paure, accettando i rischi di non piacere a tutti, di suscitare critiche e allontanarsi dal consenso popolare e godensosi in libertà le scoperte che ogni sessione fotografica può offrirci.
Farà bene alla nostra fotografia a alla nostra persona. Provare per credere.
Tra cogliere l’attimo e scattare a raffica c’è una differenza abissale.
Chi scatta a raffica evidentemente non sa cogliere, visto che fotografa tutto nella speranza di fare un buono scatto.
Cogliere l’attimo significa innanzitutto avere estrema sensibilità nei confronti di ciò che ci circonda, e poi avere l’intuito per capire il momento giusto.
Sono doti che non si imparano e che che a mio avviso rappresentano l’aspetto più artistico della fotografia.
“Costruire” uno scenario al contrario è più alla portata di chi studia: lo definirei l’aspetto “ingegneristico” della fotografia.
Può portare a risultati indubbiamente spettacolari e perfetti ma a mio avviso sono fotografie… senza anima.